Palcoscenico, il mistero della recitazione
Maura Sesia, www.sistemateatrotorino.it, 7/12/2015

Sembra cinema anche lei, Sonia Bergamasco, che invece è lì, vera, ma diafana, elegante, sinuosa, si aggira sul palco a nascondersi e a svelare i suoi dubbi di attrice e si interroga sul proprio mestiere confrontandosi con colleghe bidimensionali, proiettate su una parete sghemba. È un cerchio compiuto il cerebrale e ammaliante Palcoscenico, un remake, prodotto dall’Associazione Baretti, in prima nazionale nell’omonimo teatrino torinese, ad aprire la nuova stagione. Un monologo, dove la protagonista dà corpo al minuzioso lavoro dell’autrice Monica Luccisano, impegnata a indagare il mistero della recitazione attraverso capodopera della settima arte, qui citati, intrecciati, accennati o raccontati per esteso, come la pellicola che presta il titolo alla pièce, Palcoscenico (Stage Door) del 1937 di Gregory La Cava. Bergamasco ha vinto il Premio Eleonora Duse 2014 ed è splendida nell’incarnare l’incertezza, la perplessità, il lavorio costante a cui un’interprete è tenuta, sul crinale tra verità ed immaginazione. Quella lama sottile e affilata, che separa un successo da un fallimento.
Stage Door narra di attrici disposte a tutto per una scrittura, entusiaste ed estenuate da una conquista o un diniego. Bergamasco segue le avventure di alcune di loro, dialogando a distanza, ma partecipando con l’adesione di uno spettatore emotivo attanagliato al grande schermo. Intanto, altre storie si insinuano nel percorso di studio, così da puntellare una tesi che con il passare dei minuti si fa più sfumata. Perché il mistero dell’attore, che è il perno del teatro, quella credibilità da dare a personaggi con corpi in prestito, in un gioco di consapevolezze scordate, il perché questa attrice bionda e impallidita dalle sapienti luci di Alberto Giolitti, che enuncia poco e si muove nell’ombra come a commentare soltanto, sia poi l’elemento più forte, incisivo, portante della pièce, sfugge a logici inquadramenti. Alla fine, Sonia Bergamasco, che ha agito nella scena curata da Nathalie Deana, all’apparenza spoglia ma di estrema efficacia, si siede su una poltroncina di velluto rosso, che all’inizio è stata dichiarata lo scranno della grande attrice Sarah Bernhardt. Non per chiudere una partita aperta tra sé e l’altro sé, fittizio. È un gioco che si rinnova, nutrendosi di dubbi, e incanti.

 

Il cine-teatro di Sonia
Alessandra Vindrola, «La Repubblica», 25/11/2015

Sonia Bergamasco, premio Duse 2014 presenta un testo di Monica Luccisano ispirato a un vecchio film del 1937 con Katharine Hepburn e Ginger Rogers.

Intervista a Sonia Bergamasco
La nuova stagione del Teatro Baretti, in coincidenza con il Torino Film Festival, si intitola “Ciak si vive!” e gioca a mettere a confronto teatro e cinema. Lo spettacolo inaugurale punta come uno zoom sul doppio legame: in scena questa sera (repliche fino a venerdì) Sonia Bergamasco, attrice che passa dal cinema al teatro senza soluzione di continuità, interprete di “Palcoscenico, un remake”, scritto e diretto da Monica Luccisano, in prima assoluta per il Baretti.
Lo spettacolo è ispirato da un vecchio film in bianco e nero, “Stage Door” del 1937 (tradotto in Italia appunto con il titolo “Palcoscenico”) e interpretato da Katharine Hepburn, Ginger Rogers, Andrea Leeds, per la regia di Gregory La Cava.
«Per la verità il film non lo conoscevo – ammette con candore Sonia Bergamasco – Racconta di tre aspiranti attrici che vivono nello stesso pensionato a New York e aspirano ad avere la stessa parte in un’opera teatrale».
È curioso che il film che vi ha ispirato sia un dramma piuttosto lacrimevole…
«La trama del film non è importante. Quello che è interessante è che parla dell’essere attrice, mettendo a fuoco anche le difficoltà di questa scelta nel quotidiano. L’approccio ovviamente non è una riflessione critica, piuttosto un dialogo con le immagini».
E quali sono le difficoltà dell’essere attrice?
«Innanzitutto ci sono le difficoltà legate al modo di esserlo, alle occasioni da cogliere, a come stare in scena. E poi c’è l’aspetto che riguarda più strettamente le donne, che soprattutto al cinema sono, se non proprio discriminate, certo meno considerate dei colleghi uomini. Invece in teatro l’artigianalità ha un’importanza fondamentale, e questo aspetto non solo è la carta vincente, è anche un valore aggiunto: per un teatrante significa libertà».
Ma se non c’è la trama di Palcoscenico, cosa resta del film nello spettacolo?
«Alcune immagini proiettate sulle pareti del teatro, e soprattutto un dialogo con le voci del film, con i suoi snodi. Per me è stata un’esperienza nuova, perché inevitabilmente mi richiedeva un grande investimento personale».
Uno sforzo, per lei che è così riservata.
«In effetti Monica Luccisano ha dovuto avere molta pazienza. Ogni volta che c’era qualcosa in cui non mi riconoscevo mi mettevo a discutere… Poi però ho capito che andava bene lo stesso… E mi veniva in mente una frase di Giuseppe Bertolucci e che diceva che i segni più belli della lingua italiana sono i punti interrogativi».

 

L’attrice gioca con le rifrazioni
Silvia Francia, «La Stampa», 24/11/2015

Un’attrice di teatro che interpreta un’attrice del cinema che interpreta un’attrice di teatro e così via, in un gioco di rifrazioni che rimbalzano infinite volte. Per far dialogare palcoscenico e set, l’Associazione Baretti diretta da Davide Livermore, ha scelto Sonia Bergamasco, protagonista, domani alle 21, della prima nazionale di «Palcoscenico. Un remake».
Lo spettacolo dà il via alla stagione del teatro di via Baretti, intitolata «Ciack si vive!» è dedicata al confronto fra le diverse declinazioni dell’arte attoriale, quella da cinepresa e quella da ribalta. «Monica Luccisano ha scritto e diretto lo spettacolo, ai cui testi abbiamo poi lavorato insieme, per farli aderire al meglio alla mia interpretazione in un lavoro di scena in continuo dialogo con l’immagine filmica» racconta la Bergamasco.
«Nella finzione teatrale, io sono un’attrice che interpreta un remake teatrale del film “Stage dooor” del 1937, tradotto in Italia con il titolo “Palcoscenico” e interpretato da Katharine Hepburn e Ginger Rogers, per la regia di Gregory La Cava. La protagonista conduce il pubblico tra gli snodi di quel film e finisce per ritrovarsi dentro la pellicola». Dialogando con le sue immagini si interroga sul suo mestiere, ma anche sul rapporto tra realtà e illusione. «Una questione ponderosa e difficile da scandagliare, ma noi cerchiamo di affrontarla con una certe levità» precisa la Bergamasco, la cui carriera si fonda su un costante avvicendarsi di ciack e applausi live.
L’attrice milanese, che ha debuttato con Strehler e ha lavorato con bei nomi del teatro, stasera sarà ospite del Tff, per la proiezione di «Stage Door», versione originale con sottotitoli: alle 20,30 al Massimo.

 

Quell’occasione speciale rende un dialogo possibile
«La Stampa – Torino Sette», 20/11/2015

Il personaggio: Sonia Bergamasco.

Un’occasione speciale, quella che nasce dalla collaborazione tra due realtà storiche torinesi – da una parte il Festival del Cinema e dall’altra il Teatro Baretti. Con la complicità di Monica Luccisano, autrice e regista torinese, il 25 novembre presenteremo in prima nazionale un lavoro che si intitola Palcoscenico, un remake. Un dialogo “possibile” tra corpi d’attrici in bianco e nero, che si muovono ridono e danzano come spettri sognanti sulla parete di fondo del cinema-teatro Baretti e il corpo in carne ed ossa di un attrice che tenta con loro, sul palcoscenico, di fare luce su uno dei mestieri più amati e travisati di sempre. E le domande che nascono da questo dialogo alimentano nuove questioni e aprono ad altri interrogativi, e il nostro “fare luce” si rivela, alla fine, un semplice accendere fiammiferi nel buio della sala, per tentare di riconoscere immagini che possano parlare di noi e con noi, come in un sogno. Parte, tutti, attori e non attori di una storia di cui conosciamo l’inizio, non ancora la fine perché – ci ricorda Shakespeare – siamo della stessa sostanza dei sogni e la nostra vita breve è circondata dal sonno. Con leggerezza, in punta di piedi. Un remake.